Apologia della Cargo-Bike

Non temono l’inverno e il freddo, se la cavano egregiamente sul ghiaccio e in più danno una grossa mano a non congestionare il traffico e a non inquinare un’aria già malaticcia e affumicata da caldaie e stufe a pieni giri. Sopra ci può andare di tutto, dai bambini ai cani, dai gatti alle fioriere, attrezzi e gelati: sono le Cargo-Bike.


In Italia se ne vedono ancora pochine, ma nei paesi nordici, in particolare in Danimarca, le biciclette da trasporto sono un oggetto di locomozione sempre più diffuso, soprattutto nelle famiglie con bambini (e animali domestici a corredo). La cargo-bike non è l’esperimento riuscito di un brand creativo, è la risposta efficace a un’esigenza diffusa e l’evoluzione di questa risposta nel corso degli anni: un vero oggetto di design.


Negli ultimi dieci anni in una città come Copenhagen il mercato delle Cargo-Bike ha macinato vendite per 35mila unità e un quarto dei residenti ne fa un utilizzo quotidiano.


Eppur si muove, anche nell’Europa mediterranea, e persino in Italia, dove nei centri maggiori sempre più privati e aziende stanno ripensando il modo di vivere la mobilità urbana vendendo magari la seconda auto e investendo in una Cargo-Bike. Tanti i produttori di biciclette che stanno aggiornando le loro linee di produzione e i loro cataloghi.

I prezzi sono ancora in una fascia tra i millecinquecento e i 3mila euro e oltre (quelle a pedalata assistita), ma l’investimento è il migliore possibile per far abbassare le soglie di inquinamento, alleggerire il traffico dei centri storici e migliorare la qualità di vita, magari non pagando più bollo di circolazione e benzina.

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